V - Reliquiari, paramenti sacri e dipinti
Questo piccolo ambiente, antica sacrestia della chiesa di San Romano, raccoglie preziosi reliquiari e paramenti sacri appartenuti alla Cattedrale.
Aprono l’esposizione il Busto reliquario di san Giorgio [55] e il Busto reliquiario di san Maurelio [56], santi patroni di Ferrara: il primo fu realizzato a Milano agli inizi del Seicento per accogliere le ossa del cranio del santo donate da Clemente VIII al vescovo Giovanni Fontana; un secolo dopo fu integrato del basamento dal bolognese Zanobio Troni. Quest’ultimo è anche autore del Busto reliquiario di san Maurelio, realizzato nel 1725 per volontà del cardinale Tommaso Ruffo.
Dopo i due interessanti Cappucci di piviale [57, 58] della fine del XVI secolo, nella vetrina al centro della sala si possono ammirare tre capolavori dell’oreficeria estense: il Reliquiario del braccio di san Giorgio [61], opera di Bartolomeo a Relogio, eseguito nel 1388 per accogliere la reliquia portata dalla Terra Santa dal conte Roberto di Fiandra; la Croce reliquiario [60] di Cabrino Notai da Cremona risalente alla metà del Quattrocento; il Reliquiario del braccio di san Maurelio [59], eseguito nel 1455-56 da Simone d’Alemagna in occasione della traslazione della reliquia dalla chiesa di San Giorgio fuori le mura alla Cattedrale. Tutte e tre le opere hanno subìto importanti integrazioni in epoche successive.
Poco oltre troviamo l’imponente Paliotto tardo ottocentesco dell’altare maggiore [62], realizzato dalla bottega del romano Angelo Tafani, fu donato al Capitolo della Cattedrale dal cardinale Luigi Giordani nel 1893.
In fondo alla sala è custodito quanto rimane della decorazione musiva dell’antico Duomo distrutta interamente dai rifacimenti settecenteschi degli interni: il frammento di mosaico con la Testa della Vergine [66] opera di ambito veneto-bizantino della metà del XII secolo. Sopra l’ingresso, infine, è esposta la Sacra Famiglia [67] di Giuseppe Cesari detto Cavalier d’Arpino, noto per essere stato il primo maestro di Caravaggio, appartenuta nel Settecento al cardinale Girolamo Crispi.