XII - La Madonna della melagrana di Jacopo della Quercia
La Madonna della melagrana è ritenuta uno dei massimi capolavori della scultura italiana del Quattrocento. Ne è autore il grande Jacopo della Quercia, un «artista di dimensioni internazionali … né soltanto gotico, né già rinascimentale; ancora profondamente medievale, ma capace di intuizioni che scavalcano tutto il Quattrocento» (L. Bellosi).
Su questa scultura possediamo informazioni assai complete che coprono tutto il percorso di realizzazione. Commissionata all’artista senese nel 1403 dagli esecutori testamentari di Virgilio Silvestri, la maestosa opera fu collocata nel settembre di tre anni dopo sull’altare di famiglia nell’antico Duomo. L’iscrizione sul basamento, che riporta la data 1408, è pertanto apocrifa, aggiunta probabilmente agli inizi dell’Ottocento. La Madonna della melagrana rappresenta, quindi, il primo sicuro punto fermo per la ricostruzione dell’attività di Jacopo della Quercia.
La scultura è stata sempre oggetto di grande devozione da parte dei ferraresi che, fin dal Settecento, la chiamarono “Madonna Bianca” o, più affettuosamente, “Madonna del Pane”, in quanto nel Rotolo della Legge che il Bambino stringe nella manina vi si riconosceva la caratteristica forma del tipico pane ferrarese. Il solido impianto volumetrico e la maestosità delle forme rappresentano il più palese omaggio alla cultura figurativa toscana che va da Nicola Pisano a Giotto, passando per Arnolfo di Cambio. Ma la grandezza della Madonna della melagrana si misura anche con la ricchezza di riferimenti alla coeva plastica gotica dell’Italia settentrionale, dai Delle Masegne ad Alberto da Campione, il cosiddetto Maestro di Sansone. Ciò è evidente negli straordinari brani di elegantissima verità: la mano della Vergine che regge la melograna, la sua acconciatura e persino l’annodatura della veste, oltre che la linea arcuata del corpo del Bambino che accompagna il morbido panneggio.
Tipici di Jacopo sono infine i tratti eleganti dei volti, specie quello della Madonna, sorta di eterno femmineo che l’artista ripeterà in un altro suo capolavoro: il Monumento funebre di Ilaria del Carretto in San Martino a Lucca.